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incontro di quelli del Bolsena!

Sabato 8 giugno noi del “Bolsena” ci siamo riuniti a Pertegada. Tale località per noi è densa di significati attribuiti da tanti di coloro che hanno militato nei ranghi del nostro Battaglione . Eravamo in 35

Di seguito  il programma dell’incontro:

  • Ore 09.15: incontro dei partecipanti nella piazza di Pertegada
  • Ore 10.00 : celebrazione dell S. Messa in località Gorgo (a 5 min. di auto da Pertegada)
  • Ore 11.00 : trasferimento presso la Lapide che commemora il Serg. Fanciullo morto in quel luogo, deposizione di una corona, onore ai caduti e breve allocuzione del sottoscritto.
  • Ore 12.30 : trasferimento presso il ristorante “Al  Canedo”

I discorsi tenuti dal sottoscritto sono i seguenti:

Sulla lapide del nostro sfortunato commilitone Giuseppe Fanciullo

Siamo qui oserei dire finalmente, intorno a questa lapide in un luogo per noi estremamente significativo; infatti se ci guardiamo intorno vediamo riapparire tra le brume dei ricordi, quel ponte che univa le due sponde, un ponte di 110 mt. che almeno una volta l’anno, costruivamo  utilizzando parte consistente delle risorse che lo Stato ci metteva a disposizioni in uomini, mezzi e materiali. Era il “Bolsena “ che si muoveva, e il Bolsena eravamo noi, noi che costruivamo la storia del nostro Battaglione, al quale dedicavamo  i nostri sforzi, le nostre energie, capacità e tanto tanto tempo, quasi tutto quello di cui disponevamo, sottraendolo ai familiari, ai rapporti sociali, sradicati dai nostri gusci d’origine e trapiantati in realtà così diverse e a volte così …impervie, e allora Impervia Cedant e trovavamo nuove realtà, un nuovo ambiente, arduo problematico ma affascinante, stimolante, …edificante. Tra l’altro trascinavamo in questo nostro mondo le nostro signore il cui supporto era (ed è) per noi essenziale e prezioso e che ringrazio. Era il nostro mestiere, certamente non monotono, raramente ripetitivo, sempre innovativo, sì perché se i materiali più o meno erano sempre quelli cambiavano gli uomini che quei materiali dovevano imparare ad usare. In questo teatro, là su quella sponda i nostri ragazzi si addestravano utilizzando i compressori per gonfiare i galleggianti,  trasportando quelle travi  e piastre Krupp M.A.N. così pesanti ma che loro facevano volare realizzando in poco tempo ogni campo da ponte, lavorando sul fango scivoloso della riva, reso ancor più instabile dallo scalpiccio degli anfibi e che esigeva il ricorso a massicce dosi del proprio senso dell’equilibrio oltre alla forza che la sana gioventù senz’altro assicurava. Poi il ponte prendeva forma e si componeva, anche per l’ intervento dei fuoribordo che sapientemente utilizzati facevano confluire portiere e traghetti all’asse ponte! Mi ricordo un’esercitazione in cui ero io il comandante di compagnia incaricato, nella quale si era simulato un attacco aereo, che implicava la messa in sicurezza del ponte appena assemblato che doveva essere separato in due tronconi ognuno ruotato verso la rispettiva riva nel più breve tempo possibile. Mi ricordo il grande affiatamento che c’era tra fuoribordisti  e uomini addetti al sollevamento dei dispositivi a glifo che hanno permesso la veloce attuazione del movimento. E quando, simulato un attacco con gas, i miei uomini hanno costruito il ponte indossando le maschere antigas. Ma il ponte si realizzava, e sul ponte dovevano passare i mezzi, per dare compimento al motivo a cui tutte quelle fatiche erano finalizzate. Tra l’altro, dopo il passaggio dei mezzi da combattimento che dovevano andare a impegnare la riva nemica, passavano anche macchine operatrici necessarie alla realizzazione di ricoveri e ripari per  la difesa e l’insediamento  sul territorio acquisito, perciò durante una esercitazione del luglio  1973, su una di queste macchine c’era Giuseppe Fanciullo. Giovane sottufficiale compreso ritengo della propria funzione, inorgoglito ed entusiasta di far parte di quell’evento (per la prima volta in uniforme), emozionato e trepidante perché penso che tutto lasciasse presagire per lui un futuro interessante e coinvolgente. Ma la tragedia lo attendeva in questo luogo, dove la sua macchina, abbandonata per un attimo a se stessa, lo trascinava in quel fossato causandone l’immediata morte. Straziante. Il clacson, attivato dal suo corpo inerte, echeggiava nel silenzio del grande fiume, segnalando a tutti  che qualcosa di tremendo era successo. Gli immediati soccorsi non hanno potuto che constatarne il decesso Una giovane vita stroncata, un immenso profondo inconsolabile dolore. E questa lapide, piccola e sperduta nella vastità dei terreni che la circondano, ormai da 51 anni posata, è qui negletta e solitaria, a testimoniare non solo quella giovane e vigorosa vita stroncata, è anche il simbolo delle nostre fatiche e dei nostri percorsi professionali. Ed è giusto riunirci intorno ad essa, per ricordare, meditare, valorizzare. Giuseppe Fanciullo è nato a Giurdignano (Le) dove le sue spoglie riposano, il 2 marzo 1952, è stato nominato sergente il 5 settembre 1972 con l’incarico di Operatore di Macchine Stradali, è arrivato al 5° Rgt. G. il 10 ottobre 1972 e morto qui, ad Isola Picchi, il 10 luglio 1073.

Alla Sua memoria e a quella di tutti i nostri caduti, dei nostri defunti, ormai numerosi, dedicheremo questa corona che senz’altro sarà accompagnata dai nostri pensieri, da quelle sensazioni edificanti che questi nostri incontri vogliono perpetuare, frutto di quella educazione forgiata dai nostri lunghi e faticosi anni nei ranghi del nostro Bolsena. Non ci resta che affidare al cielo quel grido che ancora echeggia in queste contrade e che ci fa ricordare uno dei nostri cari compagni d’arme  poderoso, accorato, indimenticabile: Impervia Cedant

Onore ai Caduti

Alla fine del pranzo:

Eccoci al termine di questo incontro che ci ha regalato per l’ennesima volta la possibilità di guardarci in faccia, contarci e scambiarci ricordi, aneddoti e sensazioni spero tutte positive. Non mi dilungherò anche perché sono circa 31 anni che vi propino parole, con l’unico intento di perpetuare l’esistenza del nostro Reparto, con tutti i significati che ciò comporta. nelle nostre menti e soprattutto nei nostri cuori. Ed è proprio attraverso i nostri incontri che il Bolsena vive, e finché ci sarà uno di noi che terrà alta la fiaccola dei ricordi il Bolsena vivrà e allora alzando i calici in un brindisi che ci accomuna e ci affratella diremo….viva il “Bolsena” e Impervia

Il solito affettuoso saluto

Paolo Blasi

 

 

 

 

 

Non posso concludere questo resoconto della meravigliosa giornata trascorsa insieme senza ringraziare nel modo più sentito il Vice Presidente nazionale Anget nonché Presidente della locale Delegazione  di Udine per il supporto fornito, per l’amicizia e per la partecipazione Col. Giuseppe Munno. Grazie Presidente!!

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incontro giugno 2023

 

 

 

 

 

 

 

Carissimi, sabato 17 giugno 2023 presso il comprensorio Logistico Addestrativo del Cormor  attualmente gestito dal 3° Rgt. gua,. che ci ha gentilmente autorizzato l’ingresso, un cospicuo numero di militari già in forza al 5° Btg, g. p. “Bolsena” si è riunito intorno alla lapide che commemora il Ge. Marchetti dove è stata deposta una corona.

E’ seguito un pranzo presso il ristorante Belvedere di Tricesimo.

Di seguito le allocuzioni pronunciate dal sottoscritto: la prima davanti alla lapide la seconda alla fine del pranzo;

Cari amici, il cammino che ci ha portato a questa lapide è stato un po’ – come era nella nostra mente quando lo abbiamo organizzato – uno struggente  viaggio indietro nel tempo, infatti  lo abbiamo affrontato con nella mente un passato non più tanto recente, in cui credo si siano affollati pensieri discordanti, in cui nostalgia e rammarico si avvicendavano, in cui la voglia di rivivere alcuni tratti della nostra gioventù si alternavano alla constatazione del tempo che passa. Già il tempo, che è rotolato via in modo inarrestabile e veloce, ha lasciato nei nostri animi il desiderio di fermarlo tramite questi nostri incontri in cui i volti dei nostri amici, che osserviamo con curiosa insaziabile cura, ci rimandano ai tempi in cui questi luoghi erano per noi il simbolo del nostro lavoro, della nostra fatica ma anche della nostra soddisfazione. Ecco allora che, venendo qui, siamo passati davanti a quella che a quel tempo era la palazzina comando, in cui mentre i Comandanti si avvicendavano Albano, Massafra e Franz rimanevano a stuzzicarsi in un simulato contrasto, sempre però nello spirito di cameratismo e dedito alla costruzione di edificanti risultati; in cui nel retro del piccolo circolo ufficiali l’onorevole Zamberletti, mai dimenticato, ha messo le basi per la ricostruzione post terremoto dandoci mezzi e possibilità adeguati, in cui ondeggiava al vento l’antenna del baracchino di Trullu, (l’ho citata anche perché l’ho vista ondeggiare parecchio quando nel settembre del ’76 il terremoto si è fatto risentire con imperiosa virulenza, vanificando parecchi lavori di ripristino avviati),  abbiamo calpestato l’asfalto che Radice si ingegnava a cospargere con maleodoranti spruzzi di olio esausto al fine di limitare e  addomesticare il rilascio abbondante dei fiocchi impalpabili e leggeri  che i tanti  pioppi producevano per assicurarsi il proseguo della propria esistenza, pioppi che ombreggiavano il nostro cielo attualmente purtroppo sgombro e assolato. Un altro protagonista è stato Sapia, lo abbiamo incontrato (sempre nei ricordi) nella baracca FCU, nel deposito carburanti senza dimenticarlo nella sua funzione principale di operatore di natanti a motore (era quello che si chiamava quando c’erano operazioni importanti), e poi l’officina leggera di Di Paolo e Ciullo, il posto manutenzione di Luciano Mei, l’ufficio auto di Pietro Semeraro e dietro il gruppo C (regno di Massafra). I magazzini dei ponti Bailey e Krupp M.A.N. Le tettoie degli automezzi e mezzi del genio (erano se non ricordo male circa 250 di tutte le più svariate tipologie), la salita alla zona 6 dove gli operatori si addestravano. So che nelle nostre menti c’è il ricordo delle tante ore trascorse in questi luoghi per addestramenti, istruzioni, scuole guida, manutenzioni, approfonditi interventi di pulizia che i tre Battaglioni compivano, ognuno nell’area assegnata e poi ispezioni guardie e le lunghe ore trascorse a predisporre mezzi e materiali per interventi di pubblica calamità o più semplicemente di pubblica utilità, infatti da qui partivano le interminabili colonne che portavano nelle varie sedi sia addestrative che operative i mezzi e materiali per svolgere le numerose e onerose attività a cui eravamo chiamati, e al di là del Cormor (presso il campo sportivo) celebravamo ogni anno la nostra festa (la cui data è peraltro imminente) in cui offrivamo alla nostra arma le fatiche che le predisposizioni di tale ricorrenza comportavano.   Ed ora siamo qui davanti alla lapide di Marchetti, soldato del 5° Rgt G. morto nel ’61 ucciso dell’alta tensione scaricatasi sul suo povero corpo per l’impatto che la sua gru  aveva avuto con i cavi elettrici. Però la corona che depositeremo non vuole onorare solo lui ma tutti quelli che come lui hanno perso la vita per la nostra mai troppo celebrata nazione, per tutti quelli, in particolare i nostri, che hanno donato le proprie giovani vite almeno nell’illusione di lasciarci un mondo migliore, e per quelli che ci hanno preceduto e che, sono sicuro, stanno qui tra di noi invisibili presenze attuali nei nostri ricordi. E l’eredità che ci lasciano e che sono sicuro che vogliamo raccogliere e che cerchiamo di evidenziare in questi nostri incontri ritengo sia la volontà di costituire un baluardo (speriamo non sia l’ultimo) che possa arginare il dirompente dilagare del malcostume sia fisico che soprattutto morale che invade larga parte della nostra affollata umanità. Vogliamo celebrare i buoni sentimenti: la lealtà, l’onestà, la voglia di costruire e di impegnarsi, il rispetto per il passato, il rispetto di tutte le buone tradizioni che hanno posato le fondamenta su cui il nostro popolo ha costruito la sua grandezza. …che rimane, ancorché flemmatizzata da venti troppo dediti all’esteriore. E allora tutti insieme rivolgeremo un deferente e rispettoso omaggio ai nostri defunti perché in loro vediamo rappresentato il “Nostro” passato. Ecco durante la piccola cerimonia della deposizione sicuramente mediteremo in silenzio rivolgendo i pensieri ai buoni sentimenti che, lo sento, hanno cadenzato le nostre vite e agli ostacoli che durante queste vite abbiamo superato e allora Impervia Cedant. 

 

Due parole per concludere: questo gruppo esiste come sapete da quando nel 1991 il Bolsena è stato trasferito a Foggia ed è stato fortemente voluto (e lo è ancora) soprattutto per la ferma volontà di alcuni signori che ebbero la bella intuizione di crearlo e mi riferisco tra gli altri soprattutto a Giuseppe Sapia che in tutti questi anni ha sostenuto e incoraggiato questi eventi , ha smussato spigoli, ha dato impulso con telefonate e incontri senza mai ostentare, con discrezione e moderazione e vi dirò che senza di lui forse il gruppo non avrebbe resistito tanto: infatti dal 1991 sono passati la bellezza di 32 anni e ritengo che  il termine ex del Bolsena sia da aggiornare visto che anche il “Bolsena” come denominazione non esiste più quindi noi siamo “quelli del Bolsena” senza quell’ex che non ha più motivo di essere !!! Inoltre volevo ringraziare voi tutti che con la vostra presenza (e con il vostro entusiasmo) giustificate la permanenza in vita di questo gruppo (non dimentico le signore che hanno condiviso e continuano a condividere i nostri destini). E nella speranza di incontrarci ancora tante volte in futuro ritengo che sia il momento di pronunciare il nostro motto con lo stesso fervore con cui Francesco Allegretti ci trascinava: Impervia Cedant”

 

Volevo inoltre  ringraziare nel modo più sentito il Presidente ANGET Giuseppe Munno che non solo è intervenuto dando ulteriore lustro all’evento ma ha anche fornito strumentazione di amplificazione necessaria a sottolineare nel modo più adeguato i momenti significativi della piccola celebrazione Grazie Presidente!

 

Paolo Blasi

 

Sul n.2/2023 del notiziario ANGET c’è un articolo dedicato al nostro incontro!

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Incontro dell’8 settembre 2019

 

 

 

 

Paolo Ferrari mi ha inviato l’articolo pubblicato sopra! Grazie Paolo

 

Ho commemorato i tre militari deceduti a Valle Musi nel 1984 per folgorazione. L’episodio ha visto coinvolti due genieri e un guastatore e la commemorazione ha coinvolto  la gente del 5° Bolsena e quella del 3° Verbano alle quali si è aggiunta quella del 1° Garda. Il Comandante Col. Renganeschi (a cui va tutta la mia gratitudine e il mio saluto più cordiale) ci ha ospitato in modo impeccabile e coinvolgente. Grazie Comandante!

Il brutto tempo non ha limitato la nostra commemorazione che è avvenuta con grande successo per la quantità e la qualità degli intervenuti. (Tra gli altri c’era la M.O.V.M. Paola Del Din)  Ho tenuto il seguente discorso:

 

discorso di commemorazione

Si erano alzati di buon mattino quel 28 settembre del 1984. Il futuro era spalancato davanti a loro e nei loro animi le speranze, le ambizioni, le aspirazioni costellavano i loro orizzonti che sapevano di giovinezza, di allegria, di generosa predisposizione, insomma tutto era positivo, compresa quella lezione di tiro che cadenzava la vita del soldato e che non faceva parte delle consuetudini del geniere, che veniva addestrato a costruire, a scavare, a trasportare, a manovrare grosse macchine movimento terra e un numero ragguardevole di strumenti e attrezzature per interventi di ogni tipo per calamità e per pubblica utilità. Ma che era (ed è) fondamentale per la propedeutica del soldato. Tutti e tre erano saliti sui rispettivi mezzi di trasporto, Lorenzo e Maurizio come conduttori, e Adriano per svolgere la propria mansione di addetto alle trasmissioni. I CM 52 avevano trasportato, lenti ma sicuri, tutto quello che serviva per effettuare la lezione, soprattutto i soldati che sui cassoni erano stati condotti sulla linea di tiro. Il 3° Verbano aveva fornito il nucleo trasmissioni che Adriano caporal maggiore, coordinava, dando così supporto al 5° Bolsena (siamo sempre stati affratellati nella buona e nella cattiva sorte) per realizzare i collegamenti radio con la Caserma (Spaccamela). Era necessario installare un’antenna che doveva ampliare il raggio d’azione delle radio in dotazione e permettere di raggiungere la sede lontana circa 30 Km. Dopo che gli autocarri erano stati allineati nel parcheggio dell’area addestrativa, per i conduttori iniziava un lungo periodo di attesa che sarebbe terminato a fine giornata addestrativa quando avrebbero dovuto ricondurre il distaccamento in sede. A qualche centinaio di metri si effettuavano tutte le predisposizioni per la lezione di tiro, e la preparazione doveva essere accurata e seguita con attenzione e concentrazione. Anche il nucleo trasmettitori si dava da fare per sistemare le proprie attrezzature, compresa l’antenna che doveva essere innalzata. Perciò quando il C.M capo nucleo chiese ai conduttori  un aiuto per effettuare l’operazione, questi furono ben lieti di dare una mano, sia perché all’età dei nostri ragazzi il cuore è generoso e impetuoso, poi per quella sorta di fratellanza che si crea nel nostro ambiente (e oggi noi qui credo che ne siamo testimonianza).

Comunque questa partecipazione, questo offrirsi alla fatica per aiutare il commilitone quando ha bisogno è stato sempre l’emblema, l’etica, la peculiarità della nostra vita professionale: quando il commilitone chiama si corre senza neanche considerare per un momento la possibilità di tirarsi indietro.  Solidarietà, altruismo, lealtà  e dedizione, questo era (ed è) il fondamento della nostra cultura comune. E allora forza, tutti intorno al palo per sollevarlo e toccare il cielo! Ma il cielo quella mattina era particolarmente lontano per   quei ragazzi: erano in sei intorno all’oggetto (due guastatori e quattro pionieri) e a nessuno venne in mente di guardarlo quel cielo: se lo avessero fatto avrebbero potuto vedere che sopra le loro teste, a limitarne l’azzurro, c’era quel cavo elettrico sospeso sul loro destino, un cavo da 15000 V.   L’antenna sembrò animarsi di vita propria e si drizzò violentemente (così ci hanno raccontato i superstiti). La terribile scarica attraversò i loro corpi. Il tragico dito del fato indicò tre vittime e tre superstiti senza un’apparente logica se non quella dell’imperscrutabilità dei disegni celesti. Adriano Beggio, Lorenzo De Ruva e Maurizio Masiero rimasero a terra privi di vita cancellando in un attimo il loro futuro pieno di speranze e di progetti, lasciando nella costernazione tutto il mondo che li circondava, supportava ed amava. Mi ricordo che il saluto dei componenti di quello scaglione (e di quelli che li precedevano e seguivano) all’atto del loro congedamento fu particolarmente toccante e vibrava in ogni animo un sentimento di partecipazione e di solidarietà. Ecco qui e adesso ci stiamo facendo largo tra le nebbie del passato per trarre da questa immane tragedia insegnamenti e motivi di coesione, quella stessa solidarietà, quella coesione, amalgama, reciproca assistenza che il sacrificio di questi ragazzi vuol celebrare e affermare in modo imperioso e inequivocabile e  con la corona che abbiamo deposto mi piace pensare che abbiamo unito tutto questo oltre ai nostri buoni sentimenti, la limpidezza delle nostre vite, i tanti sacrifici che abbiamo affrontato. Unisce anche noi davanti a questo simbolo che vuol onorare la memoria di tutti i caduti, noi che proveniamo da diverse origini forse ma che i risultati da perseguire, gli obiettivi da raggiungere  ha fortemente coeso e saldamente affratellato. Grazie di essere qui, grazie a chi ha permesso che accadesse questa commemorazione e un grazie particolare al C.te Col. Riccardo Maria Renganeschi che ci ospita in questa magnifica struttura e ai suoi collaboratori e ancora grazie a tutti voi (Pionieri Guastatori, Minatori, Fotoelettricisti e Mascheratori, così ben rappresentati dalle nostre associazioni d’arma) perché con la vostra presenza testimoniate il forte desiderio, oltre che di celebrare i nostri cari defunti, di perpetuare l’amicizia e la stima  non sempre espresse ma sempre provate, che ci hanno condotto qui tutti insieme con mostrine diverse sì ma sempre e comunque proiettati al bene della nostra nazione, all’ombra della nostra gloriosa Bandiera che avvolge l’anima dei nostri Caduti Viva il genio, viva l’Italia

2ª del 5° Bolsena

Oggi 29 settembre  2024 un numero cospicuo di ex appartenenti della 2ª Cp. del 5° Bolsena   si sono riuniti per non dimenticare.  Alla riunione conviviale hapartecipato anche un considerevole numero di signore Congratulazioni Genieri!

 

 

 

 

 

Gen. Amici

 

 

 

 

Purtroppo un altro dei nostri se n’é andato, il Gen. Benito Amici ci ha lasciato, i funerali sono stati celebrati mercoledì 11 settembre 2024 alle ore 09.00 nel Duomo di Udine. R.I.P.

Lutto per il Col. Tosetto

Devo comunicare che purtroppo la mamma del Col. Tosetto è deceduta. Penso di interpretare i sentimenti di noi del Bolsena nell’esprimere al Colonnello e ai suoi familiari le nostre più sentite condoglianze. R.I.P.

Gen. di C. A. Giovanni Ridinò

Intervista a chi, tra i numerosi altri,  ha dato al nostro Reparto lustro e onorabilità.

https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fnewsicilia.it%2Fmondo%2Fcronaca%2Fnel-2024-parliamo-ancora-di-guerra-lintervista-al-generale-di-c-a-giovanni-ridino%2F921453%2F%3Ffbclid%3DIwAR3MLAYyr7TIjL6juyNM3PCbRKfIGl3vfYk-QWTZY0b7jvMpfuyK1GtXnL8&h=AT2jX_XA7l7d006wDKoIfr5hrvMeafsbY3hXk0sYYq0C89l0_tiNjG5yFqUkHayyIzB0VyCOxqw6hS-2r2wEG6DRMWDFSkbqfFXwGZ0M8y7T289Zj_LEeFrtaN7PVWVC6w&__tn__=-UK-R&c[0]=AT2L2vaLLo2mkTZcTrd65XiGCZMuPswrv4IdMa2OdUvxadeYGtnPXkC8lNjTto8GxMWpWJKLbGESR0EMnV1JteRlhx6eXZz255P4t0gtMmHUEIf6eJh4uvz1ClWUFkQP0du4kDG76cilBBXOb539GOY9CMSGgyGs-QxTkd0nraK_NO8dgR-K4Q

Carlo Paulone

Purtroppo anche Carlo Paulone è andato avanti. I funerali si sono svolti nella chiesa di Via Grazzano (Ud) giovedì 28/12/2023 alle 15.30 . Riposi in pace.

“2023”
https://necrologie.messaggeroveneto.gelocal.it/necrologi/2023/955090-paulone-carlo-gianfranco#:~:text=2023%2C%2027%20dicembre-,2023,-18%20di%20109311

 

 

 

 

Oggi gli abbiamo rivolto un triste saluto impregnato di ricordi fatti di cameratismo, di sacrifici, di avventure, dei pericoli affrontati insieme , dall’incredulità che adesso lui non ci sia più a mettere un pizzico di brio alla nostra impegnativa, rigorosa, disciplinata, faticosa vita professionale, sempre condita da quel suo orgoglio di appartenere ad una istituzione sana e rispettabile che lui, con i suoi modi singolari ma senz’altro efficaci, esaltava e addomesticava, Ciao Carlo!

 

Francesco Crucianelli

Francesco Crucianelli ci ha lascito, non era del 5° ma molto spesso ha lavorato con noi, era apprezzato sia come operatore che per la sua esuberante simpatia. Riposa in Pace nel cielo dei giusti!