Incontro dell’8 settembre 2019

 

 

 

 

Paolo Ferrari mi ha inviato l’articolo pubblicato sopra! Grazie Paolo

 

Ho commemorato i tre militari deceduti a Valle Musi nel 1984 per folgorazione. L’episodio ha visto coinvolti due genieri e un guastatore e la commemorazione ha coinvolto  la gente del 5° Bolsena e quella del 3° Verbano alle quali si è aggiunta quella del 1° Garda. Il Comandante Col. Renganeschi (a cui va tutta la mia gratitudine e il mio saluto più cordiale) ci ha ospitato in modo impeccabile e coinvolgente. Grazie Comandante!

Il brutto tempo non ha limitato la nostra commemorazione che è avvenuta con grande successo per la quantità e la qualità degli intervenuti. (Tra gli altri c’era la M.O.V.M. Paola Del Din)  Ho tenuto il seguente discorso:

 

discorso di commemorazione

Si erano alzati di buon mattino quel 28 settembre del 1984. Il futuro era spalancato davanti a loro e nei loro animi le speranze, le ambizioni, le aspirazioni costellavano i loro orizzonti che sapevano di giovinezza, di allegria, di generosa predisposizione, insomma tutto era positivo, compresa quella lezione di tiro che cadenzava la vita del soldato e che non faceva parte delle consuetudini del geniere, che veniva addestrato a costruire, a scavare, a trasportare, a manovrare grosse macchine movimento terra e un numero ragguardevole di strumenti e attrezzature per interventi di ogni tipo per calamità e per pubblica utilità. Ma che era (ed è) fondamentale per la propedeutica del soldato. Tutti e tre erano saliti sui rispettivi mezzi di trasporto, Lorenzo e Maurizio come conduttori, e Adriano per svolgere la propria mansione di addetto alle trasmissioni. I CM 52 avevano trasportato, lenti ma sicuri, tutto quello che serviva per effettuare la lezione, soprattutto i soldati che sui cassoni erano stati condotti sulla linea di tiro. Il 3° Verbano aveva fornito il nucleo trasmissioni che Adriano caporal maggiore, coordinava, dando così supporto al 5° Bolsena (siamo sempre stati affratellati nella buona e nella cattiva sorte) per realizzare i collegamenti radio con la Caserma (Spaccamela). Era necessario installare un’antenna che doveva ampliare il raggio d’azione delle radio in dotazione e permettere di raggiungere la sede lontana circa 30 Km. Dopo che gli autocarri erano stati allineati nel parcheggio dell’area addestrativa, per i conduttori iniziava un lungo periodo di attesa che sarebbe terminato a fine giornata addestrativa quando avrebbero dovuto ricondurre il distaccamento in sede. A qualche centinaio di metri si effettuavano tutte le predisposizioni per la lezione di tiro, e la preparazione doveva essere accurata e seguita con attenzione e concentrazione. Anche il nucleo trasmettitori si dava da fare per sistemare le proprie attrezzature, compresa l’antenna che doveva essere innalzata. Perciò quando il C.M capo nucleo chiese ai conduttori  un aiuto per effettuare l’operazione, questi furono ben lieti di dare una mano, sia perché all’età dei nostri ragazzi il cuore è generoso e impetuoso, poi per quella sorta di fratellanza che si crea nel nostro ambiente (e oggi noi qui credo che ne siamo testimonianza).

Comunque questa partecipazione, questo offrirsi alla fatica per aiutare il commilitone quando ha bisogno è stato sempre l’emblema, l’etica, la peculiarità della nostra vita professionale: quando il commilitone chiama si corre senza neanche considerare per un momento la possibilità di tirarsi indietro.  Solidarietà, altruismo, lealtà  e dedizione, questo era (ed è) il fondamento della nostra cultura comune. E allora forza, tutti intorno al palo per sollevarlo e toccare il cielo! Ma il cielo quella mattina era particolarmente lontano per   quei ragazzi: erano in sei intorno all’oggetto (due guastatori e quattro pionieri) e a nessuno venne in mente di guardarlo quel cielo: se lo avessero fatto avrebbero potuto vedere che sopra le loro teste, a limitarne l’azzurro, c’era quel cavo elettrico sospeso sul loro destino, un cavo da 15000 V.   L’antenna sembrò animarsi di vita propria e si drizzò violentemente (così ci hanno raccontato i superstiti). La terribile scarica attraversò i loro corpi. Il tragico dito del fato indicò tre vittime e tre superstiti senza un’apparente logica se non quella dell’imperscrutabilità dei disegni celesti. Adriano Beggio, Lorenzo De Ruva e Maurizio Masiero rimasero a terra privi di vita cancellando in un attimo il loro futuro pieno di speranze e di progetti, lasciando nella costernazione tutto il mondo che li circondava, supportava ed amava. Mi ricordo che il saluto dei componenti di quello scaglione (e di quelli che li precedevano e seguivano) all’atto del loro congedamento fu particolarmente toccante e vibrava in ogni animo un sentimento di partecipazione e di solidarietà. Ecco qui e adesso ci stiamo facendo largo tra le nebbie del passato per trarre da questa immane tragedia insegnamenti e motivi di coesione, quella stessa solidarietà, quella coesione, amalgama, reciproca assistenza che il sacrificio di questi ragazzi vuol celebrare e affermare in modo imperioso e inequivocabile e  con la corona che abbiamo deposto mi piace pensare che abbiamo unito tutto questo oltre ai nostri buoni sentimenti, la limpidezza delle nostre vite, i tanti sacrifici che abbiamo affrontato. Unisce anche noi davanti a questo simbolo che vuol onorare la memoria di tutti i caduti, noi che proveniamo da diverse origini forse ma che i risultati da perseguire, gli obiettivi da raggiungere  ha fortemente coeso e saldamente affratellato. Grazie di essere qui, grazie a chi ha permesso che accadesse questa commemorazione e un grazie particolare al C.te Col. Riccardo Maria Renganeschi che ci ospita in questa magnifica struttura e ai suoi collaboratori e ancora grazie a tutti voi (Pionieri Guastatori, Minatori, Fotoelettricisti e Mascheratori, così ben rappresentati dalle nostre associazioni d’arma) perché con la vostra presenza testimoniate il forte desiderio, oltre che di celebrare i nostri cari defunti, di perpetuare l’amicizia e la stima  non sempre espresse ma sempre provate, che ci hanno condotto qui tutti insieme con mostrine diverse sì ma sempre e comunque proiettati al bene della nostra nazione, all’ombra della nostra gloriosa Bandiera che avvolge l’anima dei nostri Caduti Viva il genio, viva l’Italia

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